Come salvare “il mondo” e farne uno tanto migliore

Quando si considera qualsiasi conflitto, frizione, attrito, che sia passato o in divenire, tra due o più esseri umani, o tra due o più gruppi di esseri umani, quanto più indietro si va a cercarne “colpe” o responsabilità, tanto più difficile e poi impossibile diventa definirne.

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Da una chiacchierata tra Primo Moroni e Ivan Della Mea: la forza terribile del patriarcato

[Due brani da una lunga chiacchierata tra Primo Moroni e Ivan Della Mea, da una registrazione effettuata il 5 novembre 1993 da Ivan Della Mea]

Primo Moroni: Quella manifestazione del ’62 era proprio per Cuba.

Ivan Della Mea: Sì, esatto, la prima. Ci sono parecchi elementi, perché è stata la prima manifestazione in piazza Duomo delle tre confederazioni sindacali per la pace.

Primo Moroni: Poi, tempo dopo, c’è stato anche un comizio nostro, di comunisti, in piazza Santo Stefano, contro l’attacco americano alla Baia dei Porci a Cuba. Lì abbiamo lanciato il corteo e a tutti dicevamo «Noi il corteo lo facciamo lo stesso anche se non abbiamo l’autorizzazione». Ma all’altezza di via Tommaso Grossi…

Ivan Della Mea: È stato come infilarsi in un cul de sac. Tutte le volte che c’era una manifestazione e il corteo andava a infilarsi in Tommaso Grossi per sfondare in piazza della Scala a me venivano i brividi. È sempre stata una trappola.

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“Tequila” mon amour

Una foto a colori, in formato 4:3, che ritrae da sopra il muso e il tartufo e, più sotto, la zampa sinistra di Tequila, una cana bellissima che sta molto spesso in un cortile ampio dietro un cancello di ferro abbastanza arrugginito. Nella foto, infatti, il muso e la zampa di Tequila spuntano da un'apertura in fondo al cancello, e di Tequila non si vede altro.

Sarà stato un annetto fa, una mattina mi alzo e vado a comprare bombolette spray nei colori bianco, rosso, grigio e nero. Sono i colori che mi servono per restaurare il murale “Corvetto antifascista” all’angolo tra Via Barzoni e Piazza Gabriele Rosa (“gabrirosa”), e quello “Abd El Salam vive nelle lotte”, che i VolksWriterz fecero ormai credo una decina di anni fa nel quartiere in cui abito da sempre, a Milano, coprendo con i colori originali dello sfondo le cinque o sei svastiche, di cui una a sfregio sul ritratto del volto di Abd El Salam, che qualche imbecille gli aveva fatto sopra ormai almeno mezz’anno prima; e così subito dopo faccio, in pieno giorno, verso le 11, perché valuto che sia una cosa troppo lunga perché il rischio sia minore facendola alle prime luci dell’alba, o di notte.

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Il messaggio evangelico è mafioso, patriarcale e imperialista: ci vuole l’Internazionale socialista

Nonostante ci trovi anche alcune cose che mi piacciono, per quello che ne è arrivato a me dopo aver letto il solo vangelo secondo Matteo e qualche stralcio degli altri (che comunque sono letture che sono contento di aver fatto), trovo che il messaggio evangelico nel suo insieme sia del tutto antirivoluzionario, perché i vangeli “canonici” subordinano il “grande cambiamento”, il cambiamento rivoluzionario, al ritorno, “alla fine dei tempi”, di dio e di chi quel messaggio avrebbe espresso per conto suo siccome figlio suo, Gesù, compresi i tanti precetti al subire sempre le prepotenze.

Riassumendolo, quel messaggio è: “voi in vita dovete subire sempre le angherie degli egoisti e dei prepotenti, se volete meritare una condizione migliore dopo la morte e dopo l’apocalisse violentissima che solo io e il mì babbo, iddio, possiamo agire, e che agiremo a un certo punto (e poi di nuovo dovremo agire un’ultima volta dopo mille anni di regno comunque migliore), per mandare gli egoisti e i prepotenti all’inferno per sempre e perché voi possiate poi vivere per sempre in paradiso, al sicuro sotto la nostra protezione, in quella condizione migliore che solo subendo sempre, per parte vostra, le loro angherie in vita, potrete meritare; e quella condizione migliore sarà la totale sottomissione a noi e la beata contemplazione del nostro potere, che allora sarà assoluto ed eterno”.

Riassumendolo ulteriormente è: “continuate a subire e subite sempre dagli egoisti e dai prepotenti, perché solo questo vi renderà meritori della nostra benevolenza e della nostra protezione quando noi, che siamo gli unici che possono farlo, li sbaraglieremo una prima e una seconda volta e così conquisteremo il potere assoluto ed eterno”. Insomma, pur assomigliandoci tantissimo, è una logica peggio che mafiosa, e totalmente patriarcale, e totalmente imperialista, che non ha niente a che vedere con l’anarchia, almeno per come la penso io.

Non m’illudo potranno mai esserci pace e uguaglianza e libertà perfette, nemmeno dopo quell’Internazionale che dovremmo fare per salvare noi e le generazioni future della nostra e di tante altre specie dai dolori dell’estinzione o di una decimazione di entità mai vista prima, ma penso sarebbe, dopo un po’ di assestamento… abbastanza buona :)

Racconto ottimista

Un aereo di medie dimensioni, con a bordo una trentina di persone, ha un’avaria. Il pilota riesce a fare un atterraggio di emergenza in un deserto, si salvano tutti. Ci sono un po’ d’acqua e di cibo sull’aereo, e un po’ ne hanno con sé alcuni dei passeggeri. Parlando tra loro realizzano ben presto che il cibo che hanno nell’insieme, se lo spartissero equamente, basterebbe per tutti sia per aspettare i soccorsi, che arriveranno tra tre giorni, sia per arrivare al centro abitato e rifornito più vicino; ma l’acqua, anche se la dessero tutta a uno solo tra loro, non gli basterebbe per arrivare al paesino, e per restare vivi fino all’arrivo dei soccorsi basterebbe solo se la spartissero tutta tra una decina di persone al massimo, e le altre accettassero di non berne e quindi di morire prima. Il pilota ha una pistola e cento pallottole. Gino, che ha novant’anni, dice: «Facciamo così: l’acqua la spartiscono equamente tra loro le dieci persone più giovani, e ciascuna delle altre venti si spara in testa». Alla fine, dopo un po’ di discussione, fanno così.

Citazioni da «La vita inaspettata» di Telmo Pievani, e una piccola critica

Da La vita inaspettata,
di Telmo Pievani


Oggi su quegli altri quattro quinti della storia della vita sappiamo molto di più. Ma il messaggio che ci restituisce il tempo profondo è spiazzante, perché scopriamo anzitutto che l’evoluzione nelle sue prime fasi ha probabilmente preferito molto più l’associazione della competizione.

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